POESIA: ANGELO IL CANE RANDAGIO
Con passo vacillante
e con il corpo stremato
giungo alla fine dei miei giorni.
Forse stasera morirò
e da sotto questa quercia
con l’ultimo respiro, che mi resta in gola,
vorrei ringraziare il Signore
per il pane che mi ha fatto trovare
nella spazzatura,
per l’acqua che ha fatto scendere dalcielo
per dissetarmi,
per i sacrati delle chiese
dove ho potuto ripararmi.
Sì, Signore,
io sono uno di quelli
uno fra i tanti che non sa
cos’e’ il calore di una cuccia,
il sapore di un osso,
la carezza di un padrone.
Conosco solo
il dolore dei calci sul dorso,
le sassate sulla fronte,
le gomme di quella macchina
che mi hanno spinto nel burrone.
Ricordo, poi
quella mano, grande, pesante,
che ancora cucciolo mi ha
abbandonato nella strada,
dove
vissi tutto il mio calvario.
Ho attraversato monti, boschi e paesi
nessuno mai mi ha tenuto con se’,
nessuno, mai, mi ha dato un nome.
Dalla nascita ho sempre portato il tuo
“Cane”.
Signore,
tante sono le cose che vorrei dirti;
ma…
il cuore ha rallentato il suo battito
e il respiro si affievola sempre più.
Perdonami! E ti supplico:
fa’ che la mano dell’uomo
non abbandoni più
un cucciolo nella strada.
E’ triste vivere da vagabondi,
e’ penoso essere soli,
ed essere soprattutto semplicemente
solo un cane.
Abbracciami almeno tu
in quest’attimo dove l uomo oggi mi ha tolto la vita appendendomi ad un albero.
Perche’?
Perche’ anch’io ti appartengo! – 26/01/2017