POESIA: Ti pago pure questa colpa, dio!
Tu chiamalo peccato, uomo giudice,
saccente, illusa botte colma d’ignoranza
e perbenista contraffatto su, chiamalo peccato
quel sentire intimo dell’anima
che rasenta il nodo in gola
e spezza quasi il respiro a metà di noi due.
Chiamalo peccato quell’amore proibito per lei, amata
ch’ogni istante mi sale su piano
per le vie finite della carne mortale
colma di desiderio risvegliandomi
passioni istintive, primordiali grida
di piacere nate da lancette
di tempi atei, irriverenti
e poi s’accasa nel cuore per
possedermi l’essere tutto intero.
Tu chiamalo peccato, Onnipotente, Messia
quel comandamento infranto
sopra un Sinai di frasi fatte e divieti imposti
al sentire dell’umana natura.
Chiamalo peccato, cosa importa!
Giudicami male essere umano, altro, mio simile
e tienilo lontano il mio spirito da Dio
per questa colpa d’oro
che macchia di fiele il mio semplice agire.
Chiamalo peccato il mio sentirla donna,
amore della mente,
il mio gridare in lacrime il suo eletto nome
e non trovare cielo sopra ed oltre il mondo
ch’assolva questi versi cantati in onor suo
vaganti sul sentiero dell’errore.
Condannami Divino Tribunale per questa colpa amara
per cui moristi flagellato in croce,
pena ch’ora mi macchierà a morte la carne
e la coscienza.
E brucerà la pelle questa fiamma
viva in sempiterno, figlia di quel
guardare femminile amato e santo.
Condannami, dai!
Chiamala peccato, sì, chiamala peccato
la voce dell’amore vestito a macchia d’olio
che torna come musica soave
fino alle origini del miocardio
e brilla come sole eletto
sulle celesti corde fragili del mio dire in poesia.
Chiamala peccato, dio, pecca pure con me!
Sporchiamoci di quella colpa
che sboccia dai suoi occhi benedetti
ed i miei contagia, incrociandoli
con sua beata luce.
Pagherei, sì!
Ti pago pure questa colpa, dio!
Lo pagherei quello sguardo di roseo domani
che profuma di pace
e vive in me, acceso come
un’eterna primavera.
Lo pagherei ad ogni prezzo quello sguardo
perché mai nessun mercante, in terra o in cielo,
vende quelle pupille umili ed alte
color di carbon quieto
dopo aver arso fuoco di passione
cullandoci piano sulle sue ginocchia,
donandoci per sonno una diabolica salvezza.
Occhi benedetti, i suoi, impareggiabili creature
che mi ridanno vita
ad ogni loro casuale incrociare
la mia vita.
Pagherei, ma Tu strappa il mio debito
se sei davvero il Redentore che dici.
Sì, ecco, ti pago pure questa colpa, dio.
Ti pago come chiunque, umano,
infranta la Tua Saggia Legge, errando,
ti rende il denaro dovuto per
essere inciampato nell’errore.
Ti pagherei al cielo anche in sovrappiù,
Amore erroneo, umano, sovraumano ma sempre
vivo nelle stanze segrete
della mia povera, carnale concupiscenza.
Ti pagherei, mia vita.
Ti pagherei ancora, sempre, amata dolce,
sposa consacrata nel tempio
su pelle del mio vivere.
Ti pagherei, mia maledetta sete
delle membra che più ci sei
e più rinnovi sete.
Ti pagherei, anche al prezzo
della mia stessa vita. – 26/01/2017