POESIA: I MIEI PASSI SONO SPARSI QI miei
passi sono sparsi qui, nel vicinato
dove echeggiano ancora le voci delle donne,
col fazzoletto annodato alla nuca,
intorno ad un tavoliere quadrato
colmo di pomidoro ridotti in pezzetti che, aiutate dai loro figli, infilavano in bottiglie verde scuro.
Ciarlavano di fidanzamenti e matrimoni,
di fatti e dicerie, di indiscrezioni e dicerie e pettegolezzi, e le loro voci si confondevano col ciach, ciach delle bottiglie che, per assestarne il contenuto, pestavano su cercini di sacchi di iuta.
Io sono nato qui, dove l’aria, alla vigilia di Natale, si riempiva di fritto di pettole e di “Tu scendi dalle stelle”, che assieme uscivano da fori sulle porte
con pretesa di essere finestre.
Io sono cresciuto qui, dove i traini dei padri, parcheggiati a vespro inoltrato, in slarghi fra trame di vicoli e orditi di case, rappresentavano i migliori nascondigli per noi bambini e i nostri giochi innocenti.
( quando non saltavamo, per nostro divertimento, nei fienili delle case di furbi contadini, per ammassare la paglia, cibo per i loro muli, che stavano un pochetto più in là.)
Qui mio padre usciva di casa avanti il mattino e rientrava dopo la sera, col buio: lavorava più del mulo per sfamare bocche voraci, che nostra madre chetava con enorme fette di pane, che lei stessa aveva impastato , e il cui profumo sento ancora nelle narici. Sono stato bene qui alla fontana, in estate dove il flusso dell’acqua non cessava mai. Rubavamo il tempo alle ragazze, che empivano la brocca portata fra anca e braccio, a volte scusa per uscire di casa.
Si beveva a garganella, ci si bagnava come pulcini sotto quel fresco gettito ristoratore, e mai un raffreddore, mai un colpo di tosse. Io torno volentieri qui, dove la nostalgia di quei tempi mi prende fino alle lacrime.
– 12/02/2017