Marco Quagliato



POESIA: Quando mi sento scarico
Della nausea ancora lo strascico
Non vorrei fermarmi a pensare
Cosa potrebbe farla terminare

Il tormento supera la vita
Ormai flebile, scondita
Senza piĂą tanta profonditĂ
Di spirito, sentimenti o semplicitĂ 

Leggera qualcuno questi versi
Prima o poi alla luce verranno
E per quanto sembrino maldestri
Qualche mio peccato espieranno

Il peccato di non saper piĂą amare
O quella sensazione lì vicina
Avendo ormai altro a cui pensare
Non a questa cosa semplice, genuina

Complicare, se vuoi, è il mio mestiere
Oltre ad alzare un po’ il bicchiere
O con nessuna donna giacere
In questa notte scura, senza godere

E mi chiesi di spiegarti l’amore
A bocca aperta, con terrore
Mi lasciasti a recitar il sermone
Su come raccontar una passione

Con la tua bocca inerme, spalancata
Speravo d’aver la tua sete saziata
Lasciandoti qualche veritĂ
Ma molti dubbi, senza pietĂ 

Solo perché alla fine del tutto
Per quanto scontato e brutto
T’ho lasciata con l’amaro sul palato
Non sapendo se prima tu abbia amato

Scoprire d’averti lasciato un solco sulla pelle
Mi farebbe quanto mento toccar le stelle
E che vergogna provo guardandoti
Le gambe, il viso, bramandoti

Cerco di stare appollaiato
Come un avvoltoio in attesa
Aspettando il momento adatto
Potendo urlare “L’ho presa!”

Una domanda quasi spontanea
Fa capolino tra i miei pensieri
Per quanto tu sia un’estranea
Mi pensasti un giorno, ieri?

Oh, per fortuna esiste il sesso femminile
Riuscite a togliere da uno come me
Seppur fredda, scontata e sterile
Sorta di nuova poesia, ahimé!

Sai che da quando ti ho notata
La bussola guida della mia razionalitĂ
Tra i sorrisi e le tue mani, ho smarrita?
Ora sto un po’ esagerando, per carità

Ma per me una cosa nuova
Ha sempre qualcosa di affascinante
Bisogna che qualcosa mi smuova
Anche se mi sento così impotente

Attendevo, fremendo d’impazienza
Quel fringuello di conoscenza
Denominato ispirazione

Sepolto nella mia magione
Sorpreso dall’aprirsi del portone
Entrò, bella, con veemenza.

“Mi perdoni, sua imminenza”
Esclamai, con fare gentil
Senza però risultar servile

“la sta stavo aspettando signora
Ma benchè tarda sia l’ora
Vorrei farle alcune domande”

Accavallando le scheletriche gambe
Riversò la sua bellezza, con fare sprezzante
Tra la poltrona e il letto

“Mio caro uomo di nobile intelletto
Io non appaio a chi mi prega come una divinitĂ
Solo mi faccio veder da chi la beltĂ
Conosce appieno, in tutte le sue forme
Seguendone passo passo le orme
Giunge a scoprirne il suo aspetto multiforme
Come una specie di gioco”

Capendoci in realtĂ  ben poco
Decisi di sistemare le poesie
Stralci, eiaculazioni e mille frenesie

Racchiuse in misera, volgare cellulosa
Scritte in rima o forse in prosa
– 18/04/2017

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