POESIA: COME IN MORTE DI MARAT DISTESO
Come in morte di Marat disteso,
teso nel vuoto dei saloni
il braccio tra liti di elettroni
e nient’altro;
vuoto e come il tempo sospeso,
preso nel mezzo al pensiero
mai buono, domo, non più veritiero:
il più scaltro:
quello che inscena l’oscena virtù
che tu decantasti per bene:
vuote e solitarie altalene
le mie pene.
Come in morte di Marat disteso
trascorro del giorno l’aborto,
supino su un libro che aperto
non colma il deserto che ho perso:
l’immagine cara che amara dirada,
la stanza che opaca ferisce la piaga
di lei che dilaga su me come maga:
sparisce. Svanisce l’idea che di lei
come Dea decantai, ritorna più mai.
Di nuovo il vuoto e non mi muovo
dal siffatto soffitto senza affresco,
esco: pesco dal talento che mi manca
una stanca melodia che bella mi culla
andando via, mi lascia una traccia
e ribella la voce che oltraggia
e che chiede si taccia. E non muore
come sole boreale per semestri
desti tutti i sensi che risveglia,
finita la notte, ritorna la veglia
e sono io:
ancora come in morte di Marat disteso,
ma per finta invece teso,
ma per gioco invece preso,
reso il peso di essere umano,
per mano dalle stelle sorelle
e di nuovo rinnovo il saluto
che non ho potuto ai miei cari:
amari i miei anni migliori,
abiuro i rimpianti, pitturo di nuovi colori
il mio Credo che lascia
come Jean nella vasca ma in tasca
una nuova Parola, la prova che sola
per anni sopita riporta la vita
giacché il mondo sorvola.
Cola dall’occhio il rintocco
che sciocco del tempo ricorda
quell’onda che affonda la sabbia,
sculture d’indubbia fattura e le mura
di vecchia paura, l’immagine scura
di lei che non cura l’amore che raro
le davo in regalo e si butta
nella sterile lotta e non resta ferita:
uccisa dal boia, la noia, la vita.
Capìta anche questa non resta
che stare disteso nell’acqua rimesta
come Paul che s’inchina
alla donna meschina e con china
firma la grazia di lei che le braccia
passarono oltre il sorriso che forte
resiste al suo sangue:
resiste alla morte.
– 29/06/2017