patrizio domenicucci



POESIA:
ROTTE SPEZZATE
Minuti grani di sale,
emersi da gocce di mare disseccate,
si stendono sulla carta del mio capitano.
Al blando rollio della nave,
sincronici sfiorano, alternativamente,
i fuochi di un’isobata ellittica.
La linea della rotta s’è spezzata
in un incrocio di coordinate casuali.
A vista navighiamo, virando
all’arbitrio di un cuore misterioso.
Il sestante più non si drizza,
a misurare arditamente gli angoli nel cielo.
Da quanto non odo più il grido,
misto d’ansia eccitata, “Allo scandaglio!”
La chiglia, incanutita da annose concrezioni,
scivola sopra fondali sconosciuti.
“Capitano, quale è la rotta?”
implora il timoniere “Dicci in quale porto
Approderemo, e quando”.
Afferra il timone il capitano
E quando è solo – l’ho veduto – lascia che docile
assecondi l’allegro mutare delle correnti.
Sospiriamo un porto; eppure
questo navigare senza alcun costrutto,
vele tese a lacerare l’orizzonte

e sfiorire di rande in immobilità soffocanti,
ci fa fieri, nel nostro vagolare spaventati.
Dimentichiamo i porti e gli ancoraggi,
quando a notte si tende la coltre del cielo,
nel più nobile e carezzevole dei sogni;
e se, volgendo a meridione, nuove stelle
sfavillano a intrecciare forme inconsuete,
spavento non ci prende, ma infantile meraviglia.
Quando una balena sfiora il fianco della nave
e un occhio enorme
ci fissa a pelo d’acqua, ricerchiamo
gli angoli bui del ponte, per celare
gli uni agli altri la commozione del pianto.
Oh capitano, riprendi la tua carta,
nettala dal sale, traccia la rotta!
Sul palmo aperto del mare
prolunga la linea delle nostre vite.
Questo limbo di meraviglie l’anima ci sospende.
Ma il mare aperto continui a ricercare.
Ora, rorida si leva Venere ad Oriente.
Verso di lei drizzi la prora e quella terra,
dove la luna è tramontata, fuggi.
Sì, capitano, manovreremo ancora le vele al tuo comando,
finché ci regge il cuore.
– 02/02/2017

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