marco morisi



POESIA: CASA MIA

Sono tornato a respirare le umide brume del ducato
antico, esse nascondono un’invernale e fumante luce
giallastra: delicato saluto al pellegrino dai lampioni
di questa languida città.
Essa sorge fra le gobbe radici d’un platano immenso
e le verdi tamerici affacciate sul mare.
Un tempo prigione dei vent’anni ora dolce e accogliente
grembo nel quale ritrovare il senso della fine.

Un canto sommesso di sconosciuti poeti, si leva soffuso
dal buio dei vecchi androni del centro, dai silenti chiostri
lastricati d’antica meraviglia e dalle usate strade
d’un tempo, quando la morosa e gli amici era gran parte
della dolce vita adolescente.

Dai lucenti casolari della campagna immota e rigogliosa,
nasce il profumo della vita vera, quella che nasce e muore.
Il canto dell’upupa e del beccafico giallo ricordano
al passante dove si trova, affinché non dimentichi
mai più dove sta la casa che la sera sempre ricordava.

Torno il bambino che sussurrava ad un tramonto dolce
tutto il timore di una solitudine antica e l’angosciante attesa
per la sua futura vita che immaginava un’ avventura senza
tregua e senza noia: sarebbe stato uno dai buoni sentimenti,
difensore del vero e di un’idea di nobiltà morale che non
faceva sconti.

Fuor dalle alte mura antiche le stalle e i magazzini dalla
grande mole riflettono, al di là della nebbia o nell’ombra
calda del meriggio estivo, un’ombra scura che sa di casa,
di muffa, di covo e di rifugio per ogni anima che cerchi
un po’ di pace là dove tutto è cominciato.

Strade, antichi volti di mattoni vecchi a cavallo sulla via,
balconi fioriti dai gerani rossi, le vecchie grate incatenate
sulle ammuffite cantine e carbonaie.
Persino il respiro fumoso dei passanti sorridenti, tutto è intriso
di una malinconia tiepida e discreta come la voce di un vecchio
amico o la pacatezza del suono di un musico di strada.

Mentre passeggio spiando ed annusando i miei ricordi
a sbucare dalla nebbia è sempre un volto amato,
un conto d’allora e in sospeso da saldare, l’ultima frase
prima dell’addio ad un precoce pentimento.
Giovane e bella come allora posso finalmente dirle quanto
l’amavo e quanto l’amo ancora, pure sul finire della vita.
Porterò con me il suo profumo intenso che ancora promette
ore appassionate di un amore primitivo.

Sono tornato a vedere le usate finestre, i vecchi
appuntamenti che per l’attesa toglievano il respiro,
i segreti nascondigli per quando le lacrime non davano
tregua ed il cuore arrancava ad inseguire un fuggitivo sogno.
Ed infine eccola li: la caverna dove il branco si riuniva,
dove nessuno poteva vantarsi di avere un soldo di credito
supposto.

Tutto andava ogni volta dimostrato a tutti i pari grado:
forza, coraggio,tenacia, abilità con l’auto e con le donne
per vivere notte e giorno da leoni, fino a che ci fosse stato
tempo per stordirsi con la vita, per non pensare alle lacrime
in agguato e a quel che per via s’è perso per la troppa furia.

Così ho fatto sempre ed allora cos’è ora tutto questo silenzio
nel quale solitaria si allontana quel poco che resta della vita
scuotendo una criniera bianca e pensando che ci vorrebbe davvero un
dio buono per consolarci del destino nostro che è così arcigno
e senza rimedio alcuno.
– 08/02/2017

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