Marco Onofrio



POESIA: L’OFFICINA DEL VUOTO

Battono, martellano i leoni
del cielo, rombano i motori
nascosti, gli operai mistici
sui magli – e i figli sui trattori,
a cingoli, che scalano crinali
dentro i venti, ombre di montagne
in controluce: arano canali
di colori, muti, con le mani
a soffio di conchiglia
che schiudono
vetrate dentro lampi
a panorami
e vivono da sempre, in ogni dove
la storia inconsolabile del tempo.
Anni sopra anni di sentieri
chiari, fluiscono, dai rivi
tratti sulla soglia di un silenzio
che non puoi sentire, finché vivi.

Urti scontri echi scoppi tagli
nelle correnti delle trasmutazioni
in cerchi a metamorfosi perenni.
Culmini d’abissi, golfi inquieti
e un gorgo d’ore lucido e profondo
che ruota intorno al giubilo
incoerente. L’aria è strana:
una corrente inaffidabile,
leggera. L’officina del vuoto
crea lo spazio trasparente
che ci fa muovere,
e l’invisibile mistura
che ci fa respirare.

Gli atomi intoccabili del cosmo
formicolando scoccano il presente
immateriale, senza fondo:
un fuoco bianco, diafano, produce
irradiazione onirica di forme
fluide sulle nuvole
vibrano impalpabili figure
di luce senza ombra che si accende
e uno splendore scende
che non puoi
mai più dimenticare.
– 26/03/2017

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