Enrico Del Gaudio



POESIA: Aleppo
Un frantumar di pietra misto a sangue,
macerie in ogni dove, aleggia falce
nera, s’un viso d’un neonato langue
la vita, si firmò, ahi, nota in calce.
Vile destino, su d’un volto esangue,
fendi cesoia su giovine tralce.
Niuno si mosse, al grido disperato
d’un padre, al cuor trafitto d’un neonato.

Tribola l’alma mia, siffatto orrore,
mi lacera le carni, piange il cor,
vile fu la conquista, l’invasore
giustificando un dio, il suo signor,
legge ne fece allo schiarir d’albore
di un dì di sangue in nome dell’amor;
S’assise al trono il perfido tiranno
e seminò terrore dal suo scranno.

Ora si mostra in tutta la sua ira
e di fanciulli ne fa torce umane;
Misera Aleppo, bruci come pira. . .
L’immolo al sacrificio, il grido immane
di un popolo distrutto che si aggira
tre le rovine, solo come un cane,
santifica il martirio e alla memoria
dei posteri segnato nella Storia.

Il mostro ha mille teste, una Medusa
come Gorgoni, ma non è immortale
ma un dì verrà un Teseo e a questa intrusa
estirperà le spire e tutto il male;
Seppellirà come sacca trasfusa
il sangue pazzo in un rogo abissale.
Volesse Iddio che tutto s’avvera
e che la sterminasse, oh Falce nera!
– 18/04/2017

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