roberto fenaroli



POESIA: TEMPESTA

Il tempo delle speranze è trascorso,
il mare è diventato una tenebra
nera.
Navigo sulla nave della vita,
a largo delle coste della fantasia;
sotto le nubi che avanzano incontro all’albero
maestro.
Navigo incerto.
ignorando le rotte,
disconoscendo il significato delle bussole e
delle stelle.
Lontano porto la mia nave,
in mezzo a pirati dalla pelle tatuata;
fra popoli che vivono su isole
volanti.
Le onde si fanno ogni ora più alte,
il vento s’impossessa d’ogni direzione.
Aspetto il giorno del giudizio,
la tempesta che s’avvicina, trascinandomi nell’abisso.
Ti sfido onda,
vienimi a rapire,
una boccata d’acqua salata,
e tutto sarà finito.
La fine giunge,
travestita da sirena che canta:
non mi legherò all’albero maestro;
non mi legherò;
lo giuro,
mi getterò fra le tue braccia,
accarezzando i tuoi lunghi capelli
di donna.
Il mare,
si sta ingrossando:
come si può amare in questo mondo?
Eppure umanità,
ti ho amata;
eppure bambina,
ti ho desiderata.
Oggi,
non vi amo e desidero.
Ho imparato a disprezzarvi.
L’ingenuità,
lentamente muore,
portandosi con sé,
le cose più belle e semplici:
aspetto l’onda che mi rapisca.
I fulmini nel cielo,
sono gigantesche lingue di fuoco.
Odo finalmente il tuono
che sfida i marinai,
alzate le vele,
laggiù, verso la montagna del Purgatorio,
lancerò per l’ultima volta,
il mio grido di battaglia,
mentre le onde avanzano nere incontro alla poppa.
Un’instante e solo l’abisso;
un secondo per sprofondare tra le rovine di
Atlantide.
Quando i gabbiani torneranno sul mare,
il mio corpo cadrà lentamente
nelle profondità dell’oceano,
liberando l’anima,
in un agile corpo d’orca
che s’avvicina intrepida
alle spiagge dei continenti.
– 19/04/2017

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