sebastiano seminara



POESIA: INSONNIA

Recluso nelle ventiquattro ore… crollo nella tregua della notte
Mi raggomitolo nel rituale del sonno che è magro, magro come un filo di ferro
Sonno sgusciante fammi varcare le fauci scheletriche del buio
Nel clangore remoto d’elmi di picche e di scudi di palafreniere dona a ciascuno la resa
Sonno dolcissimo, calmo di bonaccia, acquartierati nel crepuscolo della mia anima
Il tempo è un verso orrendo che non oso recitare
Vedo solo l’immagine della luna che reclama uno sciame di stelle
Dal biblico arcobaleno alle sfumature di sangue di una pergamena egizia,
La maschera solcata di lacrime ha denti cariati se la veglia sgozza il sonno
Dalla teca cranica flagellata. Quando il giorno monta la notte, puoi leggere la mia sconfitta
Se le nuvole sono brani di carne, non cercare nel mio occhio mortale la pagliuzza che lo inaridì
Così se il sonno è cieco, voglio percorrere i suoi oscuri sentieri per calcarne le impronte
È magia se dai tuoi capezzoli di spugna suggo in segreto il nettare del latte
Prima che muoia la stella nana non chiedermi chi sia stato giudice o imputato
Poiché sulla lana del tuo pallido cranio troverai rimosse ceneri nere di stelle cadenti
La mia gola ha sete di turbinanti notti. Sboccia l’ibrida rosa confitta dentro l’osso
Confitta come la mitica spada che Artù agguantò per l’elsa svellendola dal cuore di pietra
Penso alle sventranti aurore che bruciano gli occhi profondi di chi è insonne
Nel dedalo dei corridoi delle mie arterie, il sangue ha percorsi di fuoco
Così come si adorna Europa di fiori folgorando l’ardente estate
Similmente l’amore s’insinua nella carne e la sgrava da tutta la sua triste solitudine
Nel cerchio infuocato la fiera che dimora nell’anima è sposa che giunge alla stiva del mio cuore
Guarda la forca con il suo cappio d’artigli e di fili
Così il ragno attende pazientemente il passaggio degli insetti
Il giorno della battaglia con i suoi trucchi se vuoi potrai rimirarlo
Quando attraverserò le palpebre dello Stige, avrò un sonno di pietra inalterato
Nelle forre infernali s’inabissano la mandria d’uomini, l’ora e gli orrori dei ricordi
Potrò udire il canto strozzato dell’usignolo morto sul ruscello, ombra piumata appesa come spauracchio
Scolpisci nella tua memoria queste mie parole, poiché nell’ora inattesa berrò la morte
Indifferente come la trama del ragno smemorerò soffocato nella cieca terra

Morte, io ti sfido sprangato a ghirlanda sull’uncinato letto della mia agonia
Il mio arido sonno non è che oblio che disserrerà l’astratta porta del cielo
Nelle caverne cerebellari un nugolo di sogni-nemici m’invade selvaggiamente
Mi disseto alla fonte del cielo che è l’origine di tutte le acque
Ancorché la luna addomesticherà il mio sonno,
Osservo con sguardo di larva la guerra del ragno e della mosca
Prima che il mare, prima che l’orchestra del mare gioisca orante davanti al reliquiario del mondo
Dentro il ventre del mare,
Dentro il procelloso mare che molte generazioni di uomini ha visto e udito
Voci, voci di uomini balbettanti che ricordano il moto singhiozzante delle onde
Non come quando Eva con voce seducente destò Adamo dal sonno
Bensì come la gragnuola di vagiti che solo braccia materne sanno cullare
Creature le cui fantasie sono profuse dal Creatore
Possa Iddio estendere loro propaggini di fuoco del crepitante sole
Le labbra, le tue labbra palpitanti sono la quintessenza
Sono come la luce che squarcia l’ombra, che riempie il vuoto del mio bisogno d’amore inappagato
Gli occhi, i tuoi occhi sono diamanti di fuoco più taglienti della vitrea lacrima che bagna il mio cuore
Berrò mai alla fonte della tua stirpe prima che la terra mi cingerà nel suo recinto?
Giammai le stelle, giammai le umide stelle strizzeranno lacrime sul fradicio corallo del mio cuore
Quando la luce dell’alba rastrellerà la criniera dei sogni,
Un pigmento di stelle inzupperà l’onda carnauba del mio sonno
Ora che la luna, ora che la luna già si schianta ingoiata nel sepolcro del mare. Amen
– 19/04/2017

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