Coslovich Marco



POESIA: Quella notte il rullio dei tamburi sovrastò il rombo dell’artiglieria da campo
Perché la periferia nord est, settore C23, fu messa a ferro e fuoco.

Già i feriti arrivarono a frotte ed i morti si contavano senza pallottoliere,
Giungevano i lamenti oltre la volta del rifugio allestito nel vecchio liceo abbandonato.

Carico di moribondi, tagliuzzati, scannati, lacerati, imbrattati di nafta e di benzina,
Scendeva lungo il declivio il carro trainato dai trattori recuperati nei magazzini.

Adele, responsabile in campo del deposito a nord est, schiumava di rabbia:
“Qualcuno ha dato a loro le coordinate del deposito!! Spie e traditori!”

Fu allora che ruggì la mitragliatrice del Duca, piazzata sul tetto di Gepi.
Un lamento straziante che vomitava inutili rappresaglie.

Alcuni guastatori aveva fatto brillare le mine presso la porta di Vastalinov,
Era dunque il bombardamento del settore C23 solo che un diversivo?

I nostri si posizionarono sulla linea 13, asserragliati tra via Vastalinov e via Rascova.
Ma risultò subito del tutto inutile cercare di difendere quel quartiere già da tempo esposto ad ogni attacco.

Sempre sotto attacco, intanto che il frastuono e il crepitare delle armi automatiche aumentava,
Il comandate Gari convocò d’urgenza una riunione operativa presso la palestra di via Ristanova.

Il centro città pullulava di cherubini vestiti di giallo,
Indifferenti alle raffiche e ai tuoni.

Fu allora che l’ala dei sostenitori della resa immediata ebbe il sopravvento:
Da oltre un anno si resisteva all’assedio inutilmente! Era giunta l’ora di trovare una via d’uscita!

Il comandante Gari a quel punto chiese di poter attuare il piano “vesta”, come concordato.
Ma fu proprio così che una granata nemica centrò la palestra e il muro a ridosso del tavolo del comandate.

Perdemmo il comandante Gari, il suo aiutante da campo Miri, l’esecutore operativo Risaliv, il geniere Savi, il capo squadriglie Adimo e il gran conestabile Puliriv.

Sulla nostra città cadde lo sgomento! Dopo 468 giorni di assedio senza alcun soccorso estremo, eravamo agli sgoccioli, privati dei nostri comandanti militari e senza alcunché.

Sibilavano i traccianti e cupe ritmavano le nocche dei balestrieri.
Squassavano le fragili rovine le vibrazioni telluriche causate dagli scompiglio dei mortai nemici.

Sbirciando tra le rovine delle Chiesa posta sulla collina di Sud est, del settore F 187,
Alcuni sostenevano di aver intravisto Rostinilov, noto con il nome di battaglia “Suri”.

Molti affermavano che era caduto in combattimento almeno un anno prima,
Presso la porta Nadilaniv, ma nessuno aveva recuperato il corpo mentre si sosteneva che fosse sopravvissuto e che stesse boicottando le retrovie degli assalitori.

Cari lettori, voi che leggete le povere righe sbilenche dell’ultimo cronista della città sotto assedio, voi non potete sapere cosa per noi fosse e rappresentasse Suri.

La polvere del soffitto ormai piove sulle mie povere carte e la luce della lanterna é agli sgoccioli, mentre odo i canti di guerra dei nostri nemici farsi sempre più nitidi.

Fu un bambino che giurava di averlo visto, con il volto sfigurato dal sangue e con una remintong in pugno e a tracolla un mitragliatore Mustang. Fu il bambino a riferire di aver parlato con lui.

Il messaggio era chiaro: “Gli assalitori erano agli sgoccioli! Decimati dal colera. Impazziti dalla fame! Con le minuziosi contate! Bisognava resistere ancora un giorno! Al massimo due, per vedere il nostro nemico ritirarsi e resistere!”

La voce girò perla città in fiamme cremisi, mentre altri riferivano di aver visto Suri e di aver sentito dalle sue labbra riarse una stupefacente notizia: una colonna di aiuti stava giungendo dalla capitale lungo la via dei laghi.

Mentre i mig volavano rasoterra trivellando di colpi la Basilica e la caserma dove erano acquartierati i nostri riservisti azzurri, la contraerea sparava gli ultimi colpi da settore D 37, l’unico ancora operativo.

Fu allora che un grido, un immenso grido si sollevò dalla madre terra, una immensa voragine sonora sovrastò i nostri singulti affannosi.

Anche gli assalitori ammutolirono le armi e solo l’odore acre della putredine dei corpi e del benzene misto a nafta e urina, sembrava galleggiare nell’aria.

I tamburi scemarono come fossero stati allertati in ritardo e i canti di guerra cessarono increduli, subitanei.

Fu allora che tutti udirono il tocco di una goccia caduta in una pozza di via Similinav angolo Via Burilinov.

Cava nera: 2 marziale 2040
Ore 35.67
– 23/01/2018

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