Giulia Salmaso



POESIA: A cena.
Posto curato.
Tavolo in disparte, come piace a noi, quando siamo noi.
Tregua felice da un mondo ingarbugliato.

Parole altrui intrise di cattiveria, sguardi malevoli, inquisizioni su di una presunta normalità data dal proprio – unico – sentire.

Coppie adulte – solo le rughe lo suggeriscono – forse coppie coetanee, dal vivere socialmente accettabile: più adatto alla comunità pregiudizievole cui appartengono.

Figli a cena.
Figli cresciuti soli, tristi perché abbandonati a se stessi, quindi indisposti, quando non rapiti dai telefonini.
Figli come perpetuazione di un corredo genetico corretto, l#039;unico buono, il migliore: il loro.

Guardano, parlano di ciò che vedono: la gente.
Perché? Perché altro non sanno.

Aridi d’invidia per ciò che non sono più, certamente intrappolati in una rigida forma mentis.

La ragazza prende le ordinazioni, tratteggiando il momento come “flusso d’amore da non arrestare”, penso io, talvolta lezioso, ma celato in ogni sguardo, in ogni carezza appartata, nelle parole più semplici, nella crepuscolare incomprensione, che si chiarisce: è la chiarezza l’emblema dei giorni nostri.

Avanzano giudizi a mezza voce, su due età diverse, lontane è vero, come l#039;anno biologico – per noi numero asettico
– pesasse il cuore, le idee, la lealtà, il coraggio di affrontare insieme un cammino complice- Un’intima rivoluzione di due universi prima entropici ora comunemente stabili.

Comprendo solo dopo, i tuoi occhi fermi, agguerriti e osservatori, in difesa dell’istante prezioso, imperturbabile da chi vorrebbe ma non può scalfire, mentre sorridiamo, imparando la leggerezza e la frugalità. Comprendendoci.

Ogni esistenza ha i propri meccanismi, questo poi apprendiamo, nel giorno della tregua dai doveri.

Noi diversi, perché ci cerchiamo per bastarci e la felicità è nella semplicità – di versi – che ci concediamo.

Reciterei a testa alta, contro il grigio a cui approdano le loro considerazioni, le poesie più belle, ma ciò che gli altri non sanno mai è l’oceano burrascoso da affrontare, per trovarsi, prima di chiamarlo Amore.

E’ l’appianarsi della soggettività, quando egoistica, in virtù dell’ Uno.
E’ ogni riflessione, pronunciata in due e accolta insieme.

Cosí taccio, godendo il senso profondo di un momento perfetto, consapevole dello spazio e del tempo che separeranno ancora, nella routine di ciò che si fa per vivere, la Felicità. | sorgente: https://www.google.it/ – 10/04/2018

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