Alessandro Lanucara



POESIA: Non toccate il poeta

Vi prego non toccate il poeta
ha già troppo da perdere a traversarvi su strada
Lui gira in stracci e bendaggi
con un sé stesso al guinzaglio
È un cagnolino che gli scodinzola festoso
ogni volta che abbaia nuovo idioma
da impaginare poi su creme di cellulosa
languide di nostalgie prenatali
o su siparietti volanti alla bisogna
portati lì da una qualche lirica divinità medianica
per rider un po’ dell’impaccio d’autore

Se vi guarda in suoi barlumi d’umanit�
non è sguardo di sfida o necessità o buona creanza
è semplice curiosità rotativa
un innesto dislessico
a fondersi con la tristissima sua vastità [esponenziale
O più banalmente guarda altrove
quei trasparenti appaltati d’abbandono
che vi stanno alle spalle
e proiettano il solito refrain d’altri tempi
solo per lui che paga il biglietto
ogni volta che muore
Sarete stati dunque casuali in traiettoria
nient’altro che accennato virtuosismo
dei suoi occhi latranti su quelli vostri ingenui di vita

Vi prego non toccate mai il poeta
lasciatelo slittare oltre il fracasso
a comperar sotto l’insegna incurvata pani al timo
farciti di liquidi mestruali raccogliticci
di fluidi accidentali al sapor di piaceri scoscesi
di salive lessicali e marmellata di caffè
Da portar via silenziosamente in carta rosa
a farne un frettoloso pasto raccolto
nel giardino inesistente di casa
prima della nuova resa notturna

Sappiate che lui vi ama tutti quanti
Certo non frequenta l’umanità questo no
gliel’inibisce l’organica densità del suo mestiere [artigianale
diramato su pareti d’argilla filata in sillabe torte
una sorta di restauro perenne del suo abbecedario
che recita in sottotitolo un consustanziale
“farete a meno di me”
Ma vi ama intensamente lo giuro
muto intralciato fasico inibito
stremato da rese perenni e da accidentate [procedure in essere
impaurito dagli artigli della modernità e dalle sue [strenne
mai sazio di scarsa intraprendenza
docile mistico retrattile purché incompreso
essenzialmente abitudinario
distante un’eternità d’isterico lavorio doloso
Ma incondizionatamente v’ama
d’un buon amore di sesta o settima mano

Non toccatelo mai e poi mai ve ne scongiuro
sarà lui a cercarvi con mani sorde o con fraseggi dei [suoi
Vi carezzerà con le une e con gli altri
per avere il suo seme di ricompensa
da piantare sotto la bandiera bianca
nel giardino inesistente di casa
troppo tardi per vederne la germinazione
Perché ogni gesto del poeta è voluto lautamente [postumo
ogni sua volontà umiliata da secoli di cattiva [letteratura

Amatelo voi tutti per quel che è gi�
un tascabile poggiato sul comò
che vi concili il sonno dai tempi dei tempi
quando vi chiedevate ancora dissestati
“Chi mai sarà l’autore?”
Ora avete dismesso i rovelli di gioventù
prendendo per buona l’inesistenza dello scrivente
a perenne beneficio dello scritto angolare solido
rilegato in carta rosa
Si sa l’opera vive di vita propria
e tutt’intorno si continua a morir di disincanto

Non è scrittore il vostro poeta
Lascia la ferita circoscritta a poche righe
ma quelle poche righe
sempre meno
l’ideale sarebbe condensarle in un unico lemma
E sono zeppe di sale
cosi che il pus putrescente allagato d’antimateria
bruci ininterrottamente sulle pareti dello stomaco
del vostro poeta
e di voi stremati eletti
che avete voluto spezzarvi le ossa tra le sue [desinenze
lacerarvi dietro i suoi passi anfibi
lambendovi di taglio con le note a margine
per poi schiantarvi pressurizzati tra i da capo
lubrificati da un prezioso istante di musicalità

Dunque non toccatelo
lasciate sia lui a salirvi addosso se gli va
Immaginando soltanto i vostri nomi
le vostre facce rotolate all’indietro
prenderà il vostro corpo a tentoni
in stille di trepidante legnosit�
Conficcato nei vostri stami uterini
si prenderà di voi quel poco che serve
remando poi fino al prossimo vuoto di coscienza
Per scriverne all’infinito

Ha preso la sua vena al mercato nero
l’estro dai giocolieri “Seibirilli”
gli umilianti leitmotiv glieli ha dati un suo bisnonno
li teneva nascosti agli alleati nel doppiofondo del [guanciale
la scintilla creativa la signorina dei saldi fine [stagione
prendendo in cambio un lembo della sua camicia
da annusare ricordando che uno straniero è passato [di lì
La grammatica l’ha presa da una donna di strada
che infilava la lingua dappertutto
i sogni da una madre sconosciuta
che glieli recita ancora ogni quarto di luna
i versi è ovvio dalle bolle di sapone
le congiunzioni da un rimborso statale
il metro dai vichinghi protolatini
suonatori di strada su stoviglie ramate
Ha consumato stagioni a coniugare mari e monti
e in questo non deve niente a nessuno
La penna l’ha avuta in prestito da un cocchiere
facendogli da baio del tiro a sei
nel tragitto da Vienna a Pietroburgo
l’afflato è una questione anatomica
che ha a che fare con testicoli e sfinteri
Lo riconosci dai gomiti stremati
polmoni scuciti e arterie a fior di pelle
firma d’autore in basso a destra oltre la pensilina
in mezzo al grano cromato

Le sue credenziali
temperatura media di trentotto gradi all’ombra
bisogno insoddisfatto di maternit�
s’accompagna in adagio infinitesimali
portati gentilmente in grembo da viole violini ed [arpe andine
dice di sì al destino ma ne piange inconsolabile le [rifrazioni
sul suo malsano ignobile concedersi mai più di così
Sotto le ciglia ha occhi da cucciolo di lepre
sulle sue guance vedrete rossori d’acquavite
se accennerete all’amore carnale o ai crucintarsi [callimachei
Profuma obliquo d’al di là senza retorica
traversa ogive e colonnati a passo molle
come un’architettura raffaellita un orso bruno
Non chiedetegli lumi sui suoi scritti
reagirebbe volando via come una freccia
Nei giorni di pioggia buttategli un osso

Smettete allora di toccare il poeta
lasciatelo sfiorire tra i pochi ricordi
mordere il frutto del peccato a raccontarvene il [succo
scrivere ninne nanne per il figlio mai nato
dolersi dell’amore
somministrare le smanie alla carta
le carte al maestrale
e il soffio alla vegetazione incolta
trasudata dalle sue spoglie interrate
senza una lapide scritta
una foto rubata
un gesto d’addio

Non toccate il poeta
sarebbe una violenza estetizzante
lo sbriciolereste all’istante
ne andrebbe della grazia popolare
dell’infantile sconcia vanità melodica
dell’abbagliante empatica consapevolezza a tratti [alticcia
dei motti di spirito stuccati su pulpiti
dei talloncini ritmati fianco alle cornici
dei giorni di filastrocche accanto al fuoco amico
dei lamenti omerici fuori Borsa valori
dei sotterfugi rimati sulla carta dei cioccolatini [persino
della verità

nata di marzo
– 24/02/2017

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