POESIA: La camera mortuaria
La morte ignuda gli occhi e stacca i labbri.
Il corpo – più nulla lo trema –
n’è fredda metafora.
Un lume – è poco ed ombroso – declina
sulla nuca della madre, e il piangere
s’ammonta – chi l’ascolta? – nelle mani.
Il padre è vago – da sé fugge
e dal silenzio, e d’altro ride.
Ma di dolore favilla lo sguardo
ed atroce – amico mio, perché?! –
mi cerca. Cerca il figlio.
Col mento proteso il fratello
guarda e tace – è in lui la disgrazia
trasfigurato contengo. Qualcosa
poi l’assale, e rabbuia e cade
il capo sull’amica spalla.
Noi, ci logora il tempo.
Te più nulla, amico mio.
– 24/02/2017
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