Filippo Papini



POESIA: Brucia di mirto selvatico
La ruvida pietra bianca

Mentre traversa l’agor�
Il maestro protegge il corpo
Con la sua candida veste

Solleva grani di polline
Nell’acropoli assolata
Il fiero passo attico

Nell’infuocato meriggio
Al profumo dell’elicriso
Sofferma lo sguardo sul
Fine calcare latteo

La sensuale curva del fianco
Sul quale la retta mano indugia
Rimanda emozioni di vita
Ma resta un debole amaro
Vinto ancora una volta
Dal ricordo della musa

Così candido derma di dea
Che nessun levigato marmo
Pur destramente lavorato
Può gareggiar al pari del
Manto divino che fortuna
Concesse al tocco carnale
Intense frecce d’oro ormonale
Vergano l’anima d’imperituri segni
Gioia possente cocente d’amore

La tua pelle sotto le mie mani
Ineffabile e inconsumabile
Esperienza divina
– 30/03/2017

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