Giancarlo Secci

POESIA: IL PALCO

Tocco leggero e vibrazione
Come un corpo in preda alla febbre
Colpo e rimbombo
Come un martello che va incontro all’incudine
Movimento in armonia
Come prossimità ed intesa tra due entitÃ
Tumulto e ritmo
La sintonia del movimento con la sua pausa
…
Lo stomaco si scuote
Investito da un pugno invisibile
Il selciato vibra
Agitato da una forza inarrestabile
Fremiti ondulatori e sussultori
Devastano ogni equilibrio
Trascinano tutti in un mondo immaginario
Entrano nell’anima e la fanno propria
…
Il cielo si libera da ogni ombra
Grazie alla forza di una violenta folata di vento
La bestia urla ad una splendida luna
Rivelando al mondo tutta la sua rabbia
Diffondendo orrore attorno a se
Spandendo pezzi di pane per i seguaci
Riversando il proprio malessere sui fedeli
Spandendo miele e fiele
Facendo sanguinare timpani e occhi
…
Una esplosione di luci e colori
Costringe ad abbassare le palpebre
Una immagine laser le obbliga a risollevarsi
La figura si riflette in cielo
Poi scende tra i devoti
Esaltandoli come droga
Nutrendoli come nettare
Alleggerendoli come erba
…
L’urlo conclusivo si accompagna ad un boato
Una deflagrazione finale
Seguita da buio totale
Un fischio prolungato
Uno spasimo alle tempie
…
Lo spirito mai pago
Vorrebbe ancora scosse
Per continuare ad alimentarsi
L’anima reclama altre emozioni
Vuole ancora entusiasmarsi
Non è mai sazia
…
Dovrà sfamarsi davanti ad un cerchio corvino
Animato da un’asta ed un aculeo
Che ne percorra ancora le tracce.

Giancarlo Secci
– 28/05/2017

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Laura Barbu

POESIA: Nel sogno, ero un corvo.
Mangiavo una carogna
Me la difendevo
Con tenacia dagli altri corvi.
Era la mia proprietà sognata,
La carogna abbandonata sul campo,
Senza mai pensare
Che una volta era come me,
E come , anch’io, potrei essere domani
Carogna dimenticata nel campo
Disputa fra il stormo di corvi.
– 28/05/2017

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Gloria Zenorini

POESIA: RIARSA

La siccitÃ
che il mio spirito vive
dopo aver conosciuto
il rigoglio
avvizzisce il cuore
prosciuga il pianto
Non c’è lacrima
a indicare
il dolore
ma soltanto l’anima riarsa
e questa sabbia
che impasta la parola
soffoca il canto
e la vita.
– 28/05/2017

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maria grazia graziano

POESIA: Là dove il cielo si sposa con il mare

Lungo gli scogli, a perdita d’occhio
tante anime bianche vedo adagiate,
sembrano gabbiani con le ali spiegate,
ma le bianche figure sono esseri umani
come fantasmi avvolti in lunghi e spettrali sudari.
Affrontano il freddo della notte,
attendono di scaldarsi al sole.
Sono fermi sotto il cielo stellato,
ci sono bambini che per ninna-nanna
hanno il rumore del mare
che fa loro da mamma.
Non è una vacanza,
non si abbronzano al sole,
sono qui con la speranza
di una vita migliore.
Se fossero gabbiani
potrebbero volare,
non ci sono confini
là dove il cielo si sposa con il mare.
– 28/05/2017

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Valeria Trunfio

POESIA: IL VUOTO
Ma cos’è il vuoto?

E’ il fragore di un vaso che si frantuma,
con il rumore acuto e scintillante di tutti i frammenti di cristallo che crollano per terra e si dissolvono in ulteriori frammenti,
fino a diventare polvere o schegge
e quando ci cammini sopra fa male perché ti penetrano dentro e senti lo stesso dolore, la stessa esplosione del vaso dentro te stesso.

Ma tu non sai cos’è questo dolore straziante
e non puoi fare altro che sentirlo, viverlo sulla tua pelle,
senza riuscire a dargli un significato, senza riuscire a dargli un nome.

E’ come un urlo spettrale talmente forte e acuto
che nessun essere umano è in grado di sentirlo, nessuno che non l’abbia già vissuto e accolto dentro di sé.
E’ così forte da demolire chi lo emette per sfinimento,
come se ne provocasse l’implosione.

La distruzione di una vita che passa inosservata agli occhi degli altri.

Ed è ancora più forte e fragoroso se avviene dopo una brutta caduta,
il crepitio rovinoso dal dirupo dell’illusione di esser stati ascoltati e compresi
perché a quel punto ogni forza viene meno
e non puoi nemmeno aggrapparti all’illusione di una piccola radice secca di un arbusto che possa frenare la tua caduta.

E così scivoli giù, inerme, cadendo nel nulla, nel vuoto più assoluto dei frammenti di te stesso.

E’ come quando fa troppo freddo e senti la pelle che pizzica,
o come quando fa troppo caldo e non hai la forza per fare nulla
e così ti senti in trappola,
imprigionato nel tumultuoso susseguirsi di sensazioni senza fine,
incapace di risalire alla superficie, di trovare una via d’uscita,
costretto ad annegare, da solo,
nel vuoto della tua insignificante esistenza.

E’ il male di vivere.
L’esser dilaniati in balia dell’incertezza, della noia, dell’apatia, della superficialità.
E’ il sentirsi completamente soli con l’unica certezza che nessun altro,
o forse solo pochi altri disillusi come te,
possano comprendere a pieno questo vuoto
e provare compassione, coinvolgimento,
qualunque tipo di emozione forte che non sia
una semplice e camuffata assenza.

– 28/05/2017

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Maila Meini

POESIA: “Viaggio in Antalja„

Tra Ponente e Oriente andiamo sulla via
della seta, lungo aspri paesaggi
e minareti ornati , in carovana,
a ritrovare, pellegrini colmi
di tenera apprensione, le tracce
fra sabbia e rocce di antichi grandi
popoli, ad ammirare, sbalorditi,
l’esito delle pressanti carezze
del vento che, con le dita adunche e
le lusinghe della pioggia alata,
ha modellato rupi solitarie
per farne la dimora delle fate.

Poggiamo a sera le nostre membra
logorate su bianche balaustre
alte sul mare dove il riflesso
di gigantesche nubi si proietta
e plasmiamo, fra complici sorrisi
solidali, nuove amicizie implumi. – 28/05/2017

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MICHELE SERVILLO

POESIA:

IL DILEMMA DELLA QUIETE

I vivi come i morti
son anime distratte.
Non sentono alle porte
il fato che li abbatte.
Non temono rivali
e incutono rispetto,
ma sono tutti uguali
distesi sopra a un letto.
I vivi con i morti
non provano a parlare,
non dicono che i torti
li sanno perdonare.
Non cercano la pace,
si osservano a distanza
e quando tutto tace
accennano a una danza.
Nei vivi come i morti
c’è un cancro di opinione:
si dice che i risorti
avranno un’occasione.
Si dice che la massa
trabocchi di energia.
Spegnendo una galassia,
saresti ancora mia.

– 28/05/2017

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MICHELE SERVILLO

POESIA:

IL DILEMMA DELLA QUIETE

I vivi come i morti
son anime distratte.
Non sentono alle porte
il fato che li abbatte.
Non temono rivali
e incutono rispetto,
ma sono tutti uguali
distesi sopra a un letto.
I vivi con i morti
non provano a parlare,
non dicono che i torti
li sanno perdonare.
Non cercano la pace,
si osservano a distanza
e quando tutto tace
accennano a una danza.
Nei vivi come i morti
c’è un cancro di opinione:
si dice che i risorti
avranno un’occasione.
Si dice che la massa
trabocchi di energia.
Spegnendo una galassia,
saresti ancora mia.

– 28/05/2017

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