Lo Russo Giuseppe



POESIA: ANIMA MIA

Tanto nel rifiuto che nell’accettazione
impossibile di questo, chiamiamolo
ancora incompiuto contesto
dove abbiamo svolto tante volte insieme
a cenni ad esempi ed ottimi argomenti
quel passato verso, la maniera sola
per riconoscere i nodi di una trama
che pensavamo finalmente di sciogliere
o ancora di non aver tagliato
(e se poi non ci siamo ingannati
e non ci sono nodi che ci leghino invece)
e intanto, dopo che indecisi a lungo
e smaliziati sulle verità delle cose
per il lusso e i vantaggi che ci siamo presi
in tutto questo tempo sulle buone ragioni
e le cattive, raccolte in una nostra
confidenza continua piena d’intelligenza
d’allegria d’equivoci e d’attese
e piena anche di quella
volontà assoluta che mettevamo
operosi un tempo in ogni cosa
anima mia stavo quasi per dirti
vorrei quasi dire insomma ora
ora proprio che siamo come siamo tutti
commensali ad una tavola sola svogliati
intenti a rimasticare avanzi
in vista d’arrivare ad un’identica meta
volevo dirti anima mia bellissima
tenera amica mia indifesa signora
persona mia cara balorda ed indecisa
lascia, ascolta, smetti per una volta adesso
questa brama che senti di miracoli.

E dove e come dirai senza libri e parole
confrontare tutta la nostra libertà col mondo
ora che luminose memorie ci insegnano
se vuoi a ricordarci la lezione
e giorno per giorno in fila tutto
un calendario universale che sopravanza
assai la fila innumerevole degli anni
(i miei e i tuoi probabilmente)?

Sono stanco ti dico, non volere lascia
la decisione al caso sazia ormai
di tante meraviglie, lascia, ti prego
e pensa oggi piuttosto di sparire.

E che facile occasione sarebbe
smarrirsi in una volta insieme, mancare
nello stupore propizio del mattino
come un vecchio curioso senza senno
mentre la coscienza non veglia
ed innocente ancora si nasconde
distratta a continuare il sogno.
Lungo la via che abbiamo perso andando
finire ad esempio dietro i muri dei palazzi
dentro le case nei cortili interni
dove salgono in alto polverosi
esili i tronchi di un limone
o di un cipresso in braccio
a vecchi infissi fra indumenti tesi
stretti fra tettoie verdine di plastica ondulata
fra serbatoi grigi di eternit d’amianto
e terrazzi d’asfalto e sfiatatoi
e neri comignoli ed antenne
in un intrico di tubi e di calate.

Non così lontano, guarda, scegli
magari all’Hotel San Giorgio vicino alla stazione
o all’albergo del Ponte quello
sulla breve curva che descrive l’Ema
che cerco sempre con l’occhio quando passo
all’Hotel City tre stelle di via sant’Antonino
o alla Nuova Italia sulla via del Mercato.

A che durare ancora a queste porte nere
serrate foderate in ferro rugginoso
che mettono ad orti conchiusi
o a splendidi giardini ormai dismessi
ed inselvatichiti di ville abbandonate?
Cosa aspettiamo allora pargole figure
di viandanti fermi a colloquio
scampati di una comunità dispersa
su una strada fra muri diseguali
che corrono uguali in filaretto
(e non sappiamo dove) quando sentiamo
alla fine che il disegno è imperfetto?
| sorgente: https://www.facebook.com/ – 08/02/2018

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