GIALLONARDO IOLANDA



POESIA:CANTO DELLA NOTTE

Vieni. A medicare le mie ferite
vieni, o tenebra dall’alba attesa,
negli infiniti giorni senza tempo.
Tu sola fai mute quelle ossessive
urla con cui il chiassoso dì mi turba,
oh placida notte, vieni, nel pianto
t’invoco a soffocare il mio dolore.
Come colui che viaggia a nuovi lidi
sospira nell’affannoso cammino
sperando ancor invano di approdare,
così io soffro l’ore che mi separan
da te, meravigliosa quiete del mio
cuore. Sapientemente mi nascondi
dagli sguardi del giorno in cui solo
è l’umano incubo della morte,
tu, creatura senza colore, vaghe
fai per me le figure,
i contorni confondi delle paure.
Invaghita della vita ti guardai
con disprezzo, beffarda nunzia della
fine; ora ti chiamo a velarne le tare
che la luce del sole ha mostrato
alla coscienza da te accarezzata.
Mi deludesti, notte di timori,
d’ansia di non essere, di non aver
da vivere, d’assistere alla fine
del fine del mio essere. Notte mia,
notte infinita, se sol avessi io
presaga immaginato con qual imo
odio avrebbe leso ‘l dì la speranza
tua soave, invan t’avrei voluta
eterna; e di quell’inetto sogno ancor
mi pento. Perché tu ora te ne vai?
Perché mi illudi e poi mi lasci in preda
all’insidioso raggio?
Vieni, reca a me ‘l tuo adorato omaggio.
Guarda anche tu, madre degli infelici
cosa c’è da illuminar in quel letto
ove marcisce l’uomo disperato,
con l’anima intatta dentro un corpo
senza dignità; e in quel misero
tugurio ove il fratello ruba il pane
al fratello piangendo la sua morte;
guarda e corri a coprir per sempre ciò che
il chiarore assassino innalza sul rogo
dell’orribil scherno. A te verrò, madre
consolatrice, allor ch’anche la pace
dell’anima il mondo avrà distrutto
con le maniache frenesie; a te,
a te per sempre, nell’ombra mite tua
ov’ogni romore divino è canto
e non c’è fretta d’arrivar per pena
di trovar porta chiusa.
Te solo il fango umano amar non usa.
Vieni, affascinante tenebra mia,
ascolta il mio canto, intonalo con me,
cantilenante, dolce ninna nanna
dell’oblìo … Ti chiamo con il pianto
dell’umana viltà, o silenziosa
eutanasia lenitrice. Portami
i sogni in dono, appassionata amante
o quegli incubi di speranza intrisi,
vendetta e non perdono per l’antica
ingratitudin mia, ma sta’ con me
ch’io non ho più timore dei giganti
mostri del mio sonno, ora attanagliata
è la passione mia dalle luride
figure su cui luce m’ha fatto il dì.
Va’, o canto, nella notte, o canto
della notte, va’ le piaghe a cancellar,
nascondi le bellezze,
addormenta ‘l brutto con le carezze.
– 20/05/2018

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