Federico Morescalchi



POESIA: Guardo un braccialetto
che porto al polso,
le sue pallette colorate
nere verdi gialle e rosse,
mi ricorda di un americano,
del venditore africano,
degli occhi chiari
di quella bionda ubriaca,
del suo vestito scuro
e del suo seno arido come
secchi rami d’autunno.
Beveva allegra,
sentivo il suo odore
come nettare giallastro
che colava lungo pareti sciolte,
lo sentivo come in un sogno già sognato,
come un soffio caldo in un ventre bucato.
Scolavamo Tequila,
in un deserto di sale aspro come
un eterno ricordo che strizza
i miei nervi irrazionali.
Ero il cubetto di ghiaccio
su di un’isola lunga e sfusa,
la sua pelle sfuocata,
calda come una lingua di lava,
come un inferno di silice
che si squarcia e si ricuce.
Il suo respiro vibrava vivo,
mentre ombre sfumate svettavano sul profilo
zigrinato di montagne immortali,
in un istante vuoto come il pensiero
di un omuncolo sopito,
come una sveglia sgualcita
che logora membra fumanti,
come una mediocre formica
senza briciole da trasportare.
Luci luccicanti e colorate si spargevano
nei bicchieri, nelle lenti sobbalzanti
di granelli spersi senza un
solco da seguire.
Un abisso nero danzava smemorato
sotto ai nostri piedi scalzi,
sporchi di un bosco inerte e incurante
come la natura,
come il ticchettare piano
di foglie e gocciole dimenticate.
Il tempo di un sorso,
il tempo che sfugge via,
percorriamo stelle ed infiniti vuoti
come un compasso
stracci di parole svanite,
come un viandante ubriaco
l’estate notturna e solitaria,
come vecchie morali esplose
in supernovae cariche d’illusione. – 21/03/2017

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