GIUSEPPE MAURO MASCHIELLA



POESIA: CARPE DIEM (dialogo tra un giovane ed un defunto)
Trasparenze sottili
lontane
di muti fantasmi
nella stagnante
quiete delle tombe.
Passi solitari
lasciano dietro
un rumore felpato,
un’ombra s’avvicina,
s’ode una voce con
tono alterato:

“Nella mia fossa
conto
le mie ossa
nella polvere
e rubo grani
di sole al giorno,
per la lunga notte
di eterno sonno,
dimmi ragazzo
perché sei venuto
e mi hai risvegliato?”

“Perdonami, volevo
chiederti tante cose!”

“Cosa? “

“Si nasce, perché?
Si muore, perché?
Qual è il senso
della vita
in perenne
bilico sul nulla?
Che cos’è un istante?
E quanto dura
un attimo di
eterno, quanto
dura l’ immortalità?
E quanto tempo
è per sempre?”

”Ti dirò, a volte
solo un secondo.
Ma tu cosa cerchi?”

“Uno splendido
attimo di vita
che valga una vita.”

Allora su tutto
ti rispondo:
nasci con un pianto,
nel resto della vita
ti chiedi perché,
muori e
scopri l’inganno.
Pensa ad un seme
che cade, che nasce
che cresce,
poi lascia nuovi
semi e muore.
Credi di essere
diverso da un
animale, un albero
da un fiore?
Il senso della
vita è nascere
vivere e morire
tra i patimenti,
dopo averla
trasferita
a nuovi
esseri viventi,
nella continuazione
del dolore,
della morte,
dell’illusione.

Un attimo può far
mutare il tempo,
tramontare il sole,
spuntare la luna,
cadere la pioggia,
far alzare il vento.
Tutto è niente
e niente è tutto
nell’istante
in cui lo vivi e
tu cerchi
l’attimo fuggente?
La vita sfugge
senza essere
mai padroni
di un’ora,
perché sprecarla
rincorrendo,
istanti che
anch’essi
stanno morendo?
Vivi e basta!
Muori e basta!
Non devi avere
rimpianto per ciò
che è passato,
che ora è gi�
troppo tardi, e
lo è sempre stato.
Nei pochi istanti
di gioia, quando
l’assurdità della gioia
stessa avrai sentita,
capirai la
tragedia della vita,
che con
l’immortalit�
non ha nulla a
che fare, perché
ciò che non muore
non ha ragione
di nascere e morire.

Ero un uomo
giusto e buono,
ma dove il tempo è
nel cavo d’una mano
polvere intatta,
ha corso il vento
a sperdere le sere,
il palmo dei miei giorni.
Non ho più contato
i passi che mi
separavano
dal muro,
oltre il quale
tutto tace,
desiderando
il nulla ed un
angolo di pace,
lontano da
questo mondo,
nel luogo dove
senza misura e per
sempre è il tempo.

Ora qui nella fossa
del buono, del cattivo
il macero dell’ossa
è norma, non spaventa.
Certamente sgomenta
senza di un Dio l’essenza,
l’ingiusta equivalenza,
l’eterno azzeramento
senza risarcimento
tra ladro e derubato,
tra boia e assassinato,
della umana stagione
l’iniqua conclusione.

GIUSEPPE MAURO MASCHIELLA

– 21/03/2017

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