POESIA: INEZIE
Componenti del caos,
illusi di essere Dei.
Lievi brezze di vento
che non sollevano polvere.
Orgogliosi, pieni di boria,
aspiranti all’eternità.
Chi siamo? Siamo figli di Dio?
Siamo piccole storie,
parentesi troppo brevi
di un libro che non ha fine.
Pagine macchiate
da una goccia di inchiostro.
A ognuno, la sua fiaba
sembra importante.
La realtà, è che ognuno di noi,
è un granello di sabbia
su una spiaggia infinita,
teatro di gioco,
di forze che non possiamo capire.
Efisio Allegria
– 21/03/2017
Mese: marzo 2017
Simone Turri
POESIA: Il tuo respiro
Tutto ha inizio con un soffio che plasma il cuore
di attimi unici che scandiscono il ritmo
di un tempo che non ha fretta
Per riuscire ad innestare in noi il tuo respiro, Amore
Tutto prosegue con una brezza frizzante e leggera
che allieta i cuori e rende uniche le emozioni
di un tempo che saltella gioioso
Per cercare di infondere in noi la tua passione, Amore
Tutto giunge con un potente vento di maestrale
che agita le menti e scuote i cuori indeboliti
riportandoli verso la giusta rotta
Per sperare di risvegliare in noi la tua dignità, Amore
Tutto ha fine con una folata di vento gelido
che fa rabbrividire l’anima e dà sete di rimpianti
di un tempo che non si guarda più indietro
Per cadere e spegnersi lentamente nell’eterna pace, Amore
– 21/03/2017
Anna Lucia de Marco
POESIA: Se chiudo gli occhi
e ho paura,
tu per me sei la casa.
Quando ti incontro,
nel pensiero,
io ti abbraccio
con gli occhi.
Se gli occhi tuoi
ridessero,
freddi,
di fronte ai miei sbagli.
Lo so, nulla
sarebbe più.
E se tu,
esplorandomi,
non trovassi niente?
La differenza tra noi due:
io bevo
quell’ultimo,
fatale bicchiere.
Tu no, mi pare.
Superare il limite,
questo il mio limite.
– 21/03/2017
Luigi Cornacchia
POESIA: Hom viator
Compagni, la ragione del viaggio non è questa galera:
non è la notte imbalsamata, non il ricordo rotto:
non è quest’inverno brullo dentro scatole cinesi:
chi ci condusse a stento fino all’isola dei Feaci
chi ci indusse a gettare a mare quasi zavorra il senno
chi ci spinse, amici, a ripartire insoddisfatti
oggi ci inchioda a ogni vuota immagine in cui stolti
crediamo illusi di veder svelati i nostri volti.
Ma che cercavamo allora riottosi a ogni bussola
a curare le ferite atroci del morso di tarantola
nelle nebbie fameliche stese all’alba dei sogni?
Noi fummo a celebrare l’antico mito del ritorno
viandanti sulla strada già percorsa mille volte:
attività di bande criminali noi mastini
braccati braccavamo, rifiutati rinnegammo:
perseguivamo il losco fine di trovare noi stessi.
Imparai a disprezzare. Vomitai il mio disgusto.
Furono i colpi della sorte i miei maestri di ventura.
Ho aborrito l’altrui fragilità per ogni volta
in cui a ragione o a torto mi uccise il malinteso.
Poi però, le luci su di me ogni sera spente,
nel buio rincorrevo la mia ombra invisibile:
cercava i compagni di odissee immaginarie
questa cosa indecifrabile e sola che chiamiamo uomo.
Alle porte dell’inferno, che al paradiso sembrano prossime
stupiti ci giurammo “Amici, ce l’abbiamo fatta
per una combinazione gratuita proprio all’ultimo treno!”
credendo la salvezza una solenne congettura
le quaglie annunziarono festose il lieto evento
tra il formicolare di violenti, assassini e depravati
“Ci siamo anche noi”, arguimmo, “la fila è quella giusta!
A ogni buon conto con merito noi saremo i più redenti.”
Così scegliemmo i posti dei santi, in mezzo a quello schifo
stretti nell’estrema certezza andammo incontro al nuovo mondo
giustificandoci da soli di fronte a tanto strazio
allegammo il dolore come scriminante
noi abbiamo sofferto, l’inferno c’è già stato
allora ci cascò addosso ladra come una presa in giro
roboante per vincere la durezza delle nostre cervici
la sentenza dello “stolti fino all’ultimo non capite?”
Ma ancora la nave ripartiva animata dal buon vino
e noi giare svuotate a galleggiare nella risacca.
“Fate cristallo di ogni rigurgito di vento
che abbatte la cima delle prore adornate!
Una finestra sul mare infinito si spalanchi
e inghiotta questa trasfigurazione capovolta!”
Intanto il contorno rosa di rotte senza meta
disegnava messaggi indecifrabili tra le acque.
Attorno a linee immaginarie, segmenti di procelle
noi, deportati dalla fuga verso un placido ignoto
una teoria di perdenti fitta nell’antimateria
denudati dei cilici accettati per scommessa
notti vitree rassegnate gettammo tra le onde
“Che nessuno osi ancorare il proprio cupo destino
alle boe di questo oceano salato di vendetta
la verità vi farà schiavi di domini irreversibili!”
E quanto amore cantarono le frasi nostre randagie
dentro a basiliche giallastre a scorticare la dolcezza,
con quanto eros e insolenza furono vivaci cortigiane
di scherno a ricolmarci le comari di emozioni.
Partorivano tra lacrime di strazi le assonanze
delle note strappate dalle nostre cetre rotte:
ora restano soltanto cenotafi senza nome
lemmi controfattuali a negare la memoria.
Giunse pacata la notte di fuoco inestinguibile
Con il suo colore fosco di foreste adiacenti
Creò abissi incolmabili e regioni d’ombra
Rese fragili i colossi confutando le ragioni
“Salva, o Signore, ogni cosa a sua maniera
Il vascello invecchiato sulle secche della vita
La mantide affranta dai suoi cupi talami
Ed il principe eburneo, il più innocente di tutti”
Or dunque asseveriamo che la notte sta finendo,
sia la vostra fede salda fino al sorgere del sole:
testimoni dell’oscurità che si veste a poco a poco
dei colori profumati, sulla scena addormentata
lei ha iniziato la sua danza per ubriacarci il cuore,
infranto il guscio di paura si sta aprendo la crisalide:
chi si spegne in quella pena? chi è autore di quei gemiti?
chi travasa in quelle anfore il suo dolore innominato?
Una misura incandescente e senza tempo
risolleva i naufraghi umiliando la morte
perché grembo infinito capace di ogni vita
gli oceani si prostrano a riflettere il suo volto
esplodono gli orizzonti, brindano arcobaleni
guardate laggiù, non è frutto di miraggio
c’è un faro oscurato brilla ancora in lontananza:
un faro, una luce spenta illumina l’assenza.
– 21/03/2017
fosca creola
POESIA: A MIO PADRE
IMPRIGIONATO IN UN CORPO CHE TI UMILIA
SCHIACCIATO DA UNA MALATTIA CHE TI HA FATTO PERDERE RIFERIMENTI E CAPACITA’ COGNITIVE
IL TUO MONDO SI E’ RISTRETTO
IL MIO AMORE PER TE MOLTIPLICATO. – 21/03/2017
Rita Mastrocinque
POESIA: Edolo gioca con la luna nel cielo fino a farla diventare un pallone leggero, bianca, trasparente, irridescente. Poi la puntina di una stellina… Ed è subito mattina. – 21/03/2017
Roberto Buratta
POESIA: Notte senza luna
Notte di stelle
Vagando nella vastita
Confine tra cielo e mare
Lasciato alle spalle
Odore di terra d’Africa
Di sabbia e petrolio
Di sangue e dolore
Negli occhi il terrore
Nel cuore speranza
Di vivere ancora
Un mattino di sole
Scutando lontano
Un guizzo di luce
Il buio pervade ogni dove
Spruzzi salmastri
Bagnano le vesti
Un brivido scuote la pelle
Notte senza luna
Notte di stelle
Roberto 17 marzo 2017 – 21/03/2017
pasquale Tomasello
POESIA: “Clandestino” stipato in fondo ad un gommone, insieme a me tante persone; nel silenzio ognuno è solo, degli uccelli sento il volo. Sbarco all’alba a Lampedusa clandestino mi si accusa. Guardo verso il chiaro cielo, sui miei occhi il pianto è un velo. Qui nel mondo siamo tanti, clandestini tutti quanti. Eppur son perseguitato peggio di un pregiubicato. Siamo attimi di mare come luci di lampare; siamo gocce di rugiada lungo i bordi di una strada uno stuolo di gabbiani sabbia sfioro con le mani su di me sento il tepore di una terra che è di sole. Trovo il cuore di isolani come me esseri umani. Nel tuo aiuto vedo Iddio che si fa fratello mio. Alzo gli occhi, tutto tace il mio mondo adesso è in pace. Qui in fondo a Lampedusa più nessuno ormai mi accusa. Condivido coi gabbiani il sereno del domani. Siamo nello stesso mare sul mio viso un riso appare. – 21/03/2017
Maria Pia Bruna Nicolussi
POESIA: Ancora una volta!
L’alba sull’Apennino,
ancora una volta!
Tenui foschie estive come velo di sposa,
vi avvolgono,
colline, sfumate una sull’altra all’orizzonte!
Unico riluce nella tenebra, ormai vinta,
il pianeta del mattino.
Ora querce e carpini,
tenaci alla tramontana,
ora improvvisi calanchi inospitali,
ora lunghi, verdi campi sinuosi,
contesi a ginepri e cinghiali.
Ah, odore d’Apennino,
ancora una volta!
Piccoli monti che celate il mio casale,
mi prendete dentro,
come un amore sommesso ed eterno.
Ecco, dalla finestra
il cerro sulla collina, percorso dal vento: potrei riposare
per sempre sotto le tue fronde.
Tendi l’orecchio,
oh tu che passi qui sotto!
Ascolta nel sibilo della tramontana,
il canto commosso d’una vita,
unico premio
per chi l’ha vissuta,fedele a se stesso.
– 21/03/2017
Patrizia De Vito
POESIA: Preghiere di bambina
come un grido soffocato attraverso i muri
vagano merito e bont
schietta e sperduta la libert
parole sfilacciate
preghiere di bambina
angelo della dolce compagnia vieni a trovarci in questi luoghi – 21/03/2017