POESIA: ARGENTO Argento è il colore dei capelli che sono ormai più radi. Argento è il colore della pelle che non è più sanguigna. Breve è il cammino che mi spetta ancora. Lungo è il percorso che ho lasciato indietro. Vorrei rifarlo camminando adagio, scavalcando le angosce e i dispiaceri. Ma posso farlo solo con la mente ricordando man mano un tempo antico. Turchese – 24/02/2017
Mese: febbraio 2017
Emanuele Garzotto
POESIA: Amore mio sa a volte la lontananza
È quella cosa che può darci speranza
Perché ci permette di conoscerci per come siamo
E grazie a questo io posso dirti che ti amo
E grazie al tuo grande amore
Io ti dono il mio cuore
Tutto questo dire e fare
Per poterti amare
Il titolo: la lontananza
– 24/02/2017
ANGELOTTI Maria
POESIA: 24/02/17, 07:43:53: Maria Angelotti: Due lacrime scendono è un cuore infranto e intrepido pieno di amore che si sente solo. Nell’immensita dell’oscurità il niente. Sente solo il calore delle lacrime così come la loro compagnia. Ha tanto da dare e riesce solo ad elemosinare affetto lontano. Amore taciuto che sa. E resti abbracciato al silenzio così l’amore rimane dentro di te. Ma per quanto assurda ci sembra la vita è perfetta. Se riesci ad amare con coraggio :” l’amore è l’unica cosa che ti riempie la vita ” e allora ami oltre
– 24/02/2017
Patrizia Ghignoni
POESIA: ” Ti scrivero’ stanotte”
…Ti scriverò stanotte
prima che giunga l’alba
Impaziente…crudele
a ricoprire di polvere
I miei valzer di candele accese….
devo far presto…
Intravedo il primo chiarore..
Già il pettirosso intona la sua melodia
sul ramo spoglio dell’ Inverno…
canta alla Primavera… la chiama..
dimentica così il gelo..
e lo nasconde tra le sue piccole ali.
Ascolterai le mie parole …
cresciute nei silenzi
di una notte infinita…
solo un rumore..
lontano nella via
ha squarciato il cielo….
forse di un viaggiatore…
l’ultimo fra le stelle.
Canta l’anima mia….
Vola dentro ai tuoi occhi..
diventa ombra..sulla tua pelle
proteggila ..
discreta.. leggera..
come alito di bimba
ti si posa vicino…. dietro le spalle
e..tace…
veglia e consola
le notti tue più buie
È il cuore all’alba che.. inconsapevole
ti sceglie ancora..
copre l’inganno col suo stesso sangue
che amore nutre e dona. (Patrizia Ghignoni) 47a — – 24/02/2017
Claudio Romano Politi
POESIA: La camera mortuaria
La morte ignuda gli occhi e stacca i labbri.
Il corpo – più nulla lo trema –
n’è fredda metafora.
Un lume – è poco ed ombroso – declina
sulla nuca della madre, e il piangere
s’ammonta – chi l’ascolta? – nelle mani.
Il padre è vago – da sé fugge
e dal silenzio, e d’altro ride.
Ma di dolore favilla lo sguardo
ed atroce – amico mio, perché?! –
mi cerca. Cerca il figlio.
Col mento proteso il fratello
guarda e tace – è in lui la disgrazia
trasfigurato contengo. Qualcosa
poi l’assale, e rabbuia e cade
il capo sull’amica spalla.
Noi, ci logora il tempo.
Te più nulla, amico mio.
– 24/02/2017
Carlo Monaci
POESIA: Titolo: VITA
Come da luogo solitario incombe,
il pensier mio si srotola nel viaggio
delle ore perdute all’orizzonte.
Corrono parole sulle linee dei minuti
e il tempo si svuota della sua realtà ,
irreale chimera delle speranze umane. – 24/02/2017
Alessandro Lanucara
POESIA: Non toccate il poeta
Vi prego non toccate il poeta
ha già troppo da perdere a traversarvi su strada
Lui gira in stracci e bendaggi
con un sé stesso al guinzaglio
È un cagnolino che gli scodinzola festoso
ogni volta che abbaia nuovo idioma
da impaginare poi su creme di cellulosa
languide di nostalgie prenatali
o su siparietti volanti alla bisogna
portati lì da una qualche lirica divinità medianica
per rider un po’ dell’impaccio d’autore
Se vi guarda in suoi barlumi d’umanitÃ
non è sguardo di sfida o necessità o buona creanza
è semplice curiosità rotativa
un innesto dislessico
a fondersi con la tristissima sua vastità [esponenziale
O più banalmente guarda altrove
quei trasparenti appaltati d’abbandono
che vi stanno alle spalle
e proiettano il solito refrain d’altri tempi
solo per lui che paga il biglietto
ogni volta che muore
Sarete stati dunque casuali in traiettoria
nient’altro che accennato virtuosismo
dei suoi occhi latranti su quelli vostri ingenui di vita
Vi prego non toccate mai il poeta
lasciatelo slittare oltre il fracasso
a comperar sotto l’insegna incurvata pani al timo
farciti di liquidi mestruali raccogliticci
di fluidi accidentali al sapor di piaceri scoscesi
di salive lessicali e marmellata di caffè
Da portar via silenziosamente in carta rosa
a farne un frettoloso pasto raccolto
nel giardino inesistente di casa
prima della nuova resa notturna
Sappiate che lui vi ama tutti quanti
Certo non frequenta l’umanità questo no
gliel’inibisce l’organica densità del suo mestiere [artigianale
diramato su pareti d’argilla filata in sillabe torte
una sorta di restauro perenne del suo abbecedario
che recita in sottotitolo un consustanziale
“farete a meno di me”
Ma vi ama intensamente lo giuro
muto intralciato fasico inibito
stremato da rese perenni e da accidentate [procedure in essere
impaurito dagli artigli della modernità e dalle sue [strenne
mai sazio di scarsa intraprendenza
docile mistico retrattile purché incompreso
essenzialmente abitudinario
distante un’eternità d’isterico lavorio doloso
Ma incondizionatamente v’ama
d’un buon amore di sesta o settima mano
Non toccatelo mai e poi mai ve ne scongiuro
sarà lui a cercarvi con mani sorde o con fraseggi dei [suoi
Vi carezzerà con le une e con gli altri
per avere il suo seme di ricompensa
da piantare sotto la bandiera bianca
nel giardino inesistente di casa
troppo tardi per vederne la germinazione
Perché ogni gesto del poeta è voluto lautamente [postumo
ogni sua volontà umiliata da secoli di cattiva [letteratura
Amatelo voi tutti per quel che è giÃ
un tascabile poggiato sul comò
che vi concili il sonno dai tempi dei tempi
quando vi chiedevate ancora dissestati
“Chi mai sarà l’autore?”
Ora avete dismesso i rovelli di gioventù
prendendo per buona l’inesistenza dello scrivente
a perenne beneficio dello scritto angolare solido
rilegato in carta rosa
Si sa l’opera vive di vita propria
e tutt’intorno si continua a morir di disincanto
Non è scrittore il vostro poeta
Lascia la ferita circoscritta a poche righe
ma quelle poche righe
sempre meno
l’ideale sarebbe condensarle in un unico lemma
E sono zeppe di sale
cosi che il pus putrescente allagato d’antimateria
bruci ininterrottamente sulle pareti dello stomaco
del vostro poeta
e di voi stremati eletti
che avete voluto spezzarvi le ossa tra le sue [desinenze
lacerarvi dietro i suoi passi anfibi
lambendovi di taglio con le note a margine
per poi schiantarvi pressurizzati tra i da capo
lubrificati da un prezioso istante di musicalitÃ
Dunque non toccatelo
lasciate sia lui a salirvi addosso se gli va
Immaginando soltanto i vostri nomi
le vostre facce rotolate all’indietro
prenderà il vostro corpo a tentoni
in stille di trepidante legnositÃ
Conficcato nei vostri stami uterini
si prenderà di voi quel poco che serve
remando poi fino al prossimo vuoto di coscienza
Per scriverne all’infinito
Ha preso la sua vena al mercato nero
l’estro dai giocolieri “Seibirilli”
gli umilianti leitmotiv glieli ha dati un suo bisnonno
li teneva nascosti agli alleati nel doppiofondo del [guanciale
la scintilla creativa la signorina dei saldi fine [stagione
prendendo in cambio un lembo della sua camicia
da annusare ricordando che uno straniero è passato [di lì
La grammatica l’ha presa da una donna di strada
che infilava la lingua dappertutto
i sogni da una madre sconosciuta
che glieli recita ancora ogni quarto di luna
i versi è ovvio dalle bolle di sapone
le congiunzioni da un rimborso statale
il metro dai vichinghi protolatini
suonatori di strada su stoviglie ramate
Ha consumato stagioni a coniugare mari e monti
e in questo non deve niente a nessuno
La penna l’ha avuta in prestito da un cocchiere
facendogli da baio del tiro a sei
nel tragitto da Vienna a Pietroburgo
l’afflato è una questione anatomica
che ha a che fare con testicoli e sfinteri
Lo riconosci dai gomiti stremati
polmoni scuciti e arterie a fior di pelle
firma d’autore in basso a destra oltre la pensilina
in mezzo al grano cromato
Le sue credenziali
temperatura media di trentotto gradi all’ombra
bisogno insoddisfatto di maternitÃ
s’accompagna in adagio infinitesimali
portati gentilmente in grembo da viole violini ed [arpe andine
dice di sì al destino ma ne piange inconsolabile le [rifrazioni
sul suo malsano ignobile concedersi mai più di così
Sotto le ciglia ha occhi da cucciolo di lepre
sulle sue guance vedrete rossori d’acquavite
se accennerete all’amore carnale o ai crucintarsi [callimachei
Profuma obliquo d’al di là senza retorica
traversa ogive e colonnati a passo molle
come un’architettura raffaellita un orso bruno
Non chiedetegli lumi sui suoi scritti
reagirebbe volando via come una freccia
Nei giorni di pioggia buttategli un osso
Smettete allora di toccare il poeta
lasciatelo sfiorire tra i pochi ricordi
mordere il frutto del peccato a raccontarvene il [succo
scrivere ninne nanne per il figlio mai nato
dolersi dell’amore
somministrare le smanie alla carta
le carte al maestrale
e il soffio alla vegetazione incolta
trasudata dalle sue spoglie interrate
senza una lapide scritta
una foto rubata
un gesto d’addio
Non toccate il poeta
sarebbe una violenza estetizzante
lo sbriciolereste all’istante
ne andrebbe della grazia popolare
dell’infantile sconcia vanità melodica
dell’abbagliante empatica consapevolezza a tratti [alticcia
dei motti di spirito stuccati su pulpiti
dei talloncini ritmati fianco alle cornici
dei giorni di filastrocche accanto al fuoco amico
dei lamenti omerici fuori Borsa valori
dei sotterfugi rimati sulla carta dei cioccolatini [persino
della veritÃ
nata di marzo
– 24/02/2017
Tullio Tomasoni
POESIA: ggggggggg
siamo parte di te Terra mia….
in te riconosciamo il nostro sentire
il palpito caldo del cuore
quel dolce rumore che da ieri ci incanta
che da ieri ci avvolse
nel limpido vento del tempo che passa
scandendo stagioni che da ieri conosco
ma da oggi non più !
Dimmi cosa ti hanno fatto terra mia
che male ti ha colto
chi sopendo la tua voce ti ha violentata
chi ha avvelenato le tue radici
e sopprime il tuo canto
in un gelido sonno dove il folle operato dell’uomo
non ti sveglierà mai più !
Grida o mia terra …
volgiti indietro ostile a chi non ode il tuo pianto.
Ribellati ora che ancora puoi
fai sentire il tuo grido per chi giovane è oggi
ma domani ti gestirà .
Ed il bruto di oggi che tanto ti ha odiata
farà parte di ieri ..o Terra…mia amata. – 24/02/2017
lodovica pasetti
POESIA: Non cercare oltre la soglia
la tua vita prima sbroglia
Cerca ancora la carezza
della madre
le dolci ebbrezze dello sposo
cerca il filo che ti fece
ritornare al primo grido
quando il piccolo bambino
tuo
ti chiese di essere primo
ma tu allora non capivi
stavi zitta fra le gente
con la mente nelle mente
di chi ancora non sapeva
cerca il magico sentire
della lunga tua esistenza
tu salivi sulla vetta
ma cadevi
che disdetta!
tu volevi far del bene
non capivin che quel bene altro era che la luna
che voleva farsi bella
e sembrare poi una stella
una stella non si dona a qualunque sia
persona
Una stella brilla in cielo
chiu la guarda vede un punto luminoso
ma qualcuno più potente vede un faro o vede niente
la tua stella già ti aspetta
basta essere paziente
basta vivere fra la gente
col sorriso sulle labbra
con il cuore spesso rotto
ma col sole nella mente – 24/02/2017
marialetizia nigro
POESIA: Tramonto 3
Il mio sguardo vaga
oltre il tramonto.
Assente.
Assorto.
Ti sento vicina,
il tuo braccio mi sfiora.
Non voglio percepire, però,
la tua presenza.
Si dimentica il passato,
dicono.
Ora no,
è troppo presto.
Ti vorrò qui con me,
in un altro momento però,
non adesso.
Adesso voglio vivere
il tramonto.
Voglio perdermi in lui,
perdendo anche me stesso.
Domani tornerò,
un altro uomo.
Il perdono nelle mani,
il futuro nel cuore.
Domani, però.
Volti
Facce.
Volti intorno a me.
Stanchi, grigi,
insoddisfatti.
Sconosciuti,
schiacciati dal peso
di una quotidianitÃ
insignificante.
Si muovono al ritmo di un perché,
non noto.
In apparenza.
Un bimbo ride,
stringe la mano della madre.
Finalmente un raggio di sole
rischiara il grigiore.
Finalmente un perché.
Tramonto 3
Il mio sguardo vaga
oltre il tramonto.
Assente.
Assorto.
Ti sento vicina,
il tuo braccio mi sfiora.
Non voglio percepire, però,
la tua presenza.
Si dimentica il passato,
dicono.
Ora no,
è troppo presto.
Ti vorrò qui con me,
in un altro momento però,
non adesso.
Adesso voglio vivere
il tramonto.
Voglio perdermi in lui,
perdendo anche me stesso.
Domani tornerò,
un altro uomo.
Il perdono nelle mani,
il futuro nel cuore.
Domani, però.
Volti
Facce.
Volti intorno a me.
Stanchi, grigi,
insoddisfatti.
Sconosciuti,
schiacciati dal peso
di una quotidianitÃ
insignificante.
Si muovono al ritmo di un perché,
non noto.
In apparenza.
Un bimbo ride,
stringe la mano della madre.
Finalmente un raggio di sole
rischiara il grigiore.
Finalmente un perché.
– 24/02/2017