Spiga Valeria Spiga

POESIA:
1/1

E Trattengo il fiato
per non dare respiro ai pensieri
penso a ciò che per me è felicit
In un profondo nero
vedo speranza
Nel nulla vedo libert
Nel vuoto
un luogo dove fare rientro
È una strana nostalgia
dell#039;ignoto più cupo
Nostalgia di casa
la chiamo così
E guardo le stelle
E guardo la terra
– 19/09/2018

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Sapia Vincenzo Alessandro

POESIA: SORGENTE D#039;AMORE

Respirerò amabili e fragili sentimenti, debole,  mi lascerò condurre in questo mare di tormenti, e le maschere non avranno più carnevali da festeggiare, e avrò canti da intonare,  orizzonti da scoprire e cuori da riempire.

Ormai spoglio sarò il sigillo dei tuoi segreti, noi due rari spiriti affini, immersi nelle acque pure dell’amore, e inventeremo nuove parole, parole silenti che anche le foglie potranno capire, parole senza spine, parole senza fine, parabole divine.

Sai amore? E notte fonda, e solo una lucerna accende i nostri corpi mescolati a questo paesaggio rupestre, e ninfee, lecci e orchidee sono le nostre fedi nuziali , e la luna, le stelle e il chiarore della tua pelle, sembrano allinearsi perfettamente.
Giacché vado a raccogliere un po d’acqua dalla sorgente, colmo di perfezione, e al ritorno, chissà perché, non ci sei più, urlo disperato il tuo nome, il mio amore,  e nello strazio tutto mi torna in mente;

Sei stata solo un’illusione, e nel mio inquieto vivere, sono scappato da questa vile e disumana realtà e mi sono ritrovato  in questa valle, ma presto la sera si aggiungeva a diventare, e solo  mi sono disteso sulle sponde di questa sorgente, e  da qui che ho perso il controllo della mia mente.
Ma sai? ti ho vissuto lo stesso intensamente e non importa se sei stata un illusione, e quegli attimi silenziosi e immaginari e preziose perfezioni irreali mi hanno risvegliato dal torpore mentale.

Adesso, tutta la natura intorno sembra abbracciarmi, sono stanco, la notte è stata lunga, mi distendo e con gli occhi stanchi e socchiusi vedo apparire te, che mi accarezzi i capelli…
Chissà stavolta se è  la mia mente,
ma ti voglio vivere ugualmente.
– 19/09/2018

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Gentile Anna

POESIA:Prendimi per mano

Prendimi per mano
portami nel tuo respiro
e sarai il mio sorriso
dissolto nel tempo.
I gabbiani danzeranno nel silenzio odoroso
del mare
il vento porterà via la mia solitudine
e insieme gurderemo il nostro arcobaleno.
Vorrei ascoltare la voce dei miei sogni
sentire il battito del tuo cuore
prendimi per mano
portami dove l’amore non muore.
– 19/09/2018

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Bertipaglia Kevin Kevin

POESIA:Quella notte prima di prender sonno disteso a letto, i pensieri avvolgevano il mio corpo come una brezza primaverile.
Ed iniziai a pensare quanto piccolo fossi rispetto a tutto ciò che mi circondasse.
L’infinito mi stava guardando dall’alto in basso ma senza provocarmi soggezione, bensì donandomi consapevolezza per tutto ciò che non stavo facendo ma che potevo realizzare.
Una volta che iniziai a dormire i miei occhi si aprirono realmente; e vidi ciò che non si poteva vedere.
– 19/09/2018

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Pizzolato Luna

POESIA:”Uomini” di altri mondi

La mattina mi sveglio e non ho nulla, nessun tic tac a contare il tempo che passa solo luce e buio. Distese di deserti e piccole capanne, decide di fratelli.. in comune abbiamo tutto. Ogni giorno potrebbe essere l#039;ultimo ma non importa, non vedo scorrere il tempo, non ho paura. Da lontano arrivano loro, loro hanno tutto, sorridono, scattano foto, ma nonostante impressi in pellicole colorate non diventeremo nessuno. Lasciano regali come dolcissime illusioni e se ne vanno.
Noi abbiamo il sole caldo, loro no. Noi abbiamo imbevibili acque limpide dove loro si tuffano, loro hanno tutto e vanno verso il nulla ma non per noi.
Siamo grandi vetrine che ricevono clienti poveri d#039;animo, che passano ma non hanno mai avuto intenzione di entrare. Vivo nell#039;incoscenza, non ho istruzione, la mia età é un numero ma non so contare. Nessun signore di verde ci é venuto a trovare e la gente se ne va lasciando solo il proprio corpo che copeon veli bianchi. Non ho paura, il tempo passa ma non lo so. Mi sento leggero, ormai non ho più fame, aspetto la pioggia per bere. Cado ancora, mi rialzo e voglio giocare. Ho una maglia stretta, i miei amici mi raggiungono. La palla é un tronco ben tagliato, inizio a correre ma cado ancora. Questa volta non mi rialzo più, sento il tempo scorrere per la prima volta poi non sento più niente. Chiudo gli occhi, é diventato buio, non ho paura. – 19/09/2018

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Tornabene Umberto

POESIA:Un silenzio profondo avvolge il mio silenzio,imp impegn a rimuginare attimi felici….odo il calpestio sulla ghiaia in riva al mare,il suo calpestio, odo l#039;onda cancellare le sue impronte,inzuppando di salsedine sassolini indifesi….odo il suo sguardo luccicante dal sudore del Mezzogiorno,come se mi parlasse….odo il desiderio di avvicinarmi a Lei,prenderl la mano,in silenzio, stringerla alla mia,senza alcun rumore….due cuori battono silenziosamente,due onde in silenzio si intrecciano….in silenzio l#039;amore si incontra,in silenzio nasce l#039;amore. – 19/09/2018

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Gelmi Edoardo

POESIA:S’avvia
oltre l’irta collina il sole.
Sei tu
di fronte a me con viso leggero e disteso.
Vedo la luminosa sfera
riflessa nei tuoi occhi
e migliaia di
sogni
scorrono in essi.
Caldi pomeriggi e
fredde notti, uniti da un unico
destino e mattine sofferenti seguite da
lacrime a dirotto.
Passioni
spasmodiche e fredde
emozioni.
Nulla mai fummo
ma
desiderai che fossimo.
Cos’è un desiderio?
Semplicemente,
un pensiero nocivo che
illude e ferisce.
Scendendo e salendo
numerosi gradini
venni da te, tenera monarca.
Migliaia di
strada percorrerei ancora
pur di starti vicina,
sentire un lieve fremito
o un impercettibile respiro.
Pioverà pioggia
inconsistente
ma tu forse,
ti accorgerai del cupo
acquazzone
che inonda il mio cuore
– 19/09/2018

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bonacci maria

POESIA:Il mare di settembre è sorridente.
Non ha la flemma dell’estate piena
né la selvaggia tracotanza dell’inverno crudo.
ne avverti la potenza sottotraccia,
ma di fuori è sornione, ti ammicca, ti corteggia.
Una barca, indolente, lo accarezza,
ma la prua occhieggia il largo .
Controcorrente.
Così i miei pensieri, che sono qui, ma non li so fermare.
No, questo non sa farlo neanche il mare.

– 19/09/2018

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Scarcella Attilio

POESIA:Vincent Van Gogh
“Ha bisogno degli occhi della mente
chi cerca la Luce…

… poiché in sé porta la Tenebra ”
(Plotino)

Non c’è ebbrezza più forte del distacco
vertigine più grande del pittore
che prende distanza dalla propria tela.

Di quale specchio, amici, disponiamo
per ritrarre l’anima?
E quale luce vi vediamo brillare?

I miei quarantaquattro autoritratti
non sono che un’unica notte…
… una notte ancora più profonda
di quella che ogni volta mi assale
quando guardo me stesso allo specchio.

Disperazione o impossibile speranza?

Tutta la mia pittura poggia su questa domanda
e mi precipita addosso la gioia irrefrenabile
che uscire da sé…

… è il primo passo per non sentirsi soli.

Debole fui col mio prossimo ma non chiesi pietà.
Fui partecipe dell’infelice scena del mondo
e della bontà della creazione
che è insieme Tenebra e Luce.

La mia stessa vita
fu una storia di Tenebra e Luce,
di stelle in processione
dove ogni notte vagai disperato e indifeso
munito solo di tele e di colori
per strappare alle tenebre qualche piccolo segreto
nel traffico veloce e intenso dell#039;universo.

Una storia di singolare follia e genialit
espressa attraverso una forma di delirio
inconsueto…
… sovrumano…

… D’intensa felicità creativa e sensuale.

Avventure me ne capitarono tante…
… di tutti i colori.
Ad Arles,
incatenato a un letto di ferro
murato alle pareti e al pavimento
fui lasciato per giorni e giorni
alla mia terribile solitudine
di genio impetuoso e ribelle.

Gli artisti, si sa, vogliono uscire
Dall’inferno che li divora.
Nessuno di noi, poeta o pittore,
scrive o dipinge senza uno scopo.
Noi artisti, anzi, paghiamo un prezzo
di salute giovinezza e libert
senza mai pienamente goderne per noi stessi.

Nel mio straziante vagabondare di giorni
conobbi in Belgio
l’esistenza folle dei minatori di Wasmes
che lavorano sotto terra
tredici ore al giorno
e si nutrono soltanto di pane
patate e tocchi di formaggio.

Regalai loro un letto
per dormire io sulla paglia.

Fu allora che smisi di credere
alla bontà dell’universo
cominciando a dipingere
e a esprimere nel paesaggio
la lacerazione del mondo
la frenesia
la brutalità dell#039;esistenza
la sofferenza cupa e desolata della natura.

Fu così che presi confidenza con la morte
ancor prima di conoscere la vita.

E tutta la mia vita, da allora,
divenne una giostra,
una giostra d’amore per la pittura
girovagando nomade per strade
viottoli e campi… senza meta.

Compresi, allora, che il primo passo
verso la gioia e la salute
è il sentiero scomodo, scabroso della follia.

E fu così, nella follia,
ma oltre anche la scorciatoia
e la curva della stravaganza
che la natura mi rivolse la parola
sotto forma di luci …
… suoni…
… colori assoluti.

I colori degli alberi
fioriscono in anticipo in Provenza
e meli e peschi, nespoli e ciliegi
hanno un’allegria folle…
…inconfondibile
tipica del giallo accecante
di chi guarda dritto il sole
nel pieno della sua luce.

Di me dicono oggi che sia stato
il grande cantore della natura.

Ma quando mai!

Ho solo voluto spogliarla fino in fondo
dipingendo i campi violenti
e il volto di una terra
fedele a se stessa e ai propri cicli.

Fu quando incontrai una ragazza incinta
abbandonata dal suo uomo
che ebbi maggiore piet
per gli umili e gli oppressi.
Con lei divisi il mio pane
proteggendo la sua creatura
dalla fame e dal freddo.

E fui felice.

Indicibilmente felice di aiutarla e custodirla
tutelarla e difenderla dalla miseria.

Volevo sposarla
quella prostituta cattolica e piena di figli.
I parenti però mi diedero del coglione
e la gente mi rivolse l’accusa d’immorale.

Immorale? Coglione?
Al diavolo queste stronzate!
Che ne sappiamo noi del bene e del male?

Solo Theo, mio fratello, l’unico che mi abbia capito
aveva le idee chiare.

“Non è una donna che tu possa sposare, Vincent”
– così diceva –
“Aiutala soltanto…
… ma non la sposare”.

Vinsero loro, i benpensanti
ed io lasciai la ragazza
al suo destino da marciapiede
incalzato da infinite lacerazioni
e incontenibili tempeste.

Mi ripresi la libert
per correre di nuovo verso la mia pittura.

Ma il talento non bastò per sopravvivere a me stesso.

Fui sempre lieto e felice tra i più deboli
come allodola gioiosa a primavera.

Amai i tessitori e condivisi il dolore degli umili
dipinsi i poveri contadini mangiatori di patate.

Di rado i pittori raffigurano gente che lavora.
Ma io lo volli fare,
conquistato dalle loro mani nodose
piagate dalla fatica e dal lavoro dei campi
dalla sofferenza che non urla e non dispera
ma accetta il dolore di una vita
con la quale si scende a patti…

… o si muore!

Il mio incontro col dottor Gachet fu fatale.
Fu lui, medico di Auvers-sur-Oise,
il più malinconico degli uomini,
a spingermi sull’orlo del baratro.

“Ci sono animali – mi disse –
vegetali, pietre, addirittura stelle
che nascono di per sé malinconiche.

Figurarsi gli uomini!”

E m’incoraggiò ad andare per i campi
con tele pennelli colori e cavalletto sulle spalle
a spingermi verso la disperazione cosmica
alla ricerca della stella e del tramonto ultimo…
…finale!

Fu così che andai incontro al mio destino
conquistato dall’immensa pianura
con i campi interrati e sepolti sotto le colline viola,
vogliose insaziabili senza confini…
…smaniose d’infinito!

Fu quello il mio ultimo campo di grano
con corvi nerissimi che volano ad ali spiegate
in cerca di una preda.

E quella preda ero io.

Nel cimitero di Auvers-sur-Oise non c’è solennità.
Le tombe sono tutte uguali…
… monotone…
… cineree.
Più sono sfarzose e imponenti
più la morte appare invincibile
e si fa beffe dello sfoggio, del fasto, del ricordo.

Mio fratello Theo giace qui vicino a me.
Lui… sì… proprio lui,
mio benefattore e marcante d’arte
che non sopportava affatto
di avermi accanto da vivo.

Mio Dio… mio Dio!
Quanto strani e buffi sono i cimiteri!
Non ci dicono mai abbastanza…

… dei loro ospiti.

Attilio Scarcella
– 19/09/2018

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